Porta Nord: qualche riflessione sulle scelte urbanistiche dell’Amministrazione

Alert: in questo post si parla di urbanistica, sviluppo del territorio e sostenibilità. Astenersi cementificatori e perditempo 🙂

L’Amministrazione Comunale di Dalmine ha approvato lo scorso 16 ottobre una variante ad AT02, che molti conoscono come “Porta Nord”. Con questa decisione, si concede al lottizzante Ferretticasa di convertire parti delle edificazioni, che erano previste come servizi (uffici, alberghi o attività commerciali) e di renderle residenziali, quindi destinate a nuove case e appartamenti.

La motivazione è chiaramente espressa e identificabile nel documento, ovvero che il mercato del terziario si è ridotto negli ultimi anni, mentre c’è una crescente richiesta di residenzialità con criteri innovativi, soprattutto a livello energetico. In pratica, al lottizzante conviene di più costruire e vendere case rispetto che edifici non residenziali.

In cambio, il Comune di Dalmine ottiene circa 290.000€ di opere da Ferretticasa, corrispondenti alla recinzione del campo sportivo adiacente alla zona e ad opere di riqualificazione del manto stradale, nonché una nuova pista ciclabile (parallela a quella già prevista in via Guzzanica e quindi forse eccessiva). A voi la valutazione se sia tanto o poco: noi un’idea ce la siamo fatta, considerando quanto costano gli appartamenti venduti in zona “Porta Nord”.

Ma passiamo ad un ragionamento urbanistico più complessivo:

— Oggi circa 1.760 unità abitative a Dalmine risultano sfitte.

— Al contempo c’è una richiesta sempre maggiore di residenze per fasce svantaggiate della popolazione: famiglie poco abbienti, stranieri, ma anche coppie giovani e studenti universitari.

Allora cosa è necessario che faccia la politica? Secondo noi, deve occuparsi da una parte di arrestare il consumo di suolo, evitando la costruzione di nuovi edifici e invece incentivando la riqualificazione degli stessi, e dall’altra di aiutare le fasce sociali che ne hanno bisogno, prevedendo politiche di housing concrete e utili.

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Quello che si sta facendo fino ad oggi non è sufficiente: serve una struttura inter-comunale che si occupi di mettere in rete vari soggetti, promuova la riqualificazione degli edifici sfitti e incentivi la destinazione ad housing sociale degli alloggi, incentivando i proprietari degli immobili.

In alternativa alla recinzione e al manto stradale, non sarebbe stato possibile ottenere dal lottizzante un impegno in termini di housing sociale, ad esempio destinandovi una piccola ma significativa quota di costruito, e un coinvolgimento nel progetto di riqualificazione degli edifici esistenti in altre zone di Dalmine?

Difficile poi dire cosa si sarebbe insediato al posto delle residenze ottenute in cambio di servizi. Pensando al bicchiere mezzo pieno, ci siamo risparmiati ulteriori medie strutture di vendita che avrebbero danneggiato ancora di più il commercio locale. Ma c’è anche il bicchiere mezzo vuoto dei pessimisti, che pensa a quello a cui il Comune di Dalmine ha rinunciato: uffici (e posti di lavoro), servizi per il nuovo quartiere che si è formato, magari anche studi medici e sanitari.

La politica urbanistica del territorio è la guida per le scelte dell’Amministrazione, e ci sembra che le direzioni in cui sta lavorando la nostra ⚠️ non siano quelle giuste ⚠️ . Dobbiamo seriamente ripensare al nostro modello di sviluppo e di integrazione sociale, per un futuro più roseo (e verde) di Dalmine.

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